L’importanza di cuocere l’argilla

Alcune volte un manufatto in argilla viene lasciato volontariamente allo stato “crudo” (non cotto) sia per esigenze estetiche (sembra infatti che la resa plastica degli spazi vuoti-pieni e delle zone di luce-ombra venga accentuata nelle varie tonalità di grigio anzichè nel biscotto) sia per esigenze pratiche (essenzialmente la possibilità di intervenire successivamente attraverso carteggio o particolari finiture abrasive).
Non dimentichiamo però che attraverso la cottura la nostra scultura in argilla subisce un processo irreversibile e acquista un eccezzionale durezza e resistenza meccanica che può superare di 160-170 volte quella del manufatto “crudo”.
Attraverso la varie fasi della cottura l’opera attraversa fasi particolari in cui la propria struttura molecolare e costitutiva cambia a seconda della temparatura raggiunta. Brevemente possiamo riassumere questo processo in due fasi essenziali: la completa disidratazione e la successiva fase di vetrificazione.

Fasi e temperature della cottura

Una volta compresi i motivi che generalmente ci spingono a far cuocere la nostra scultura in argilla passiamo ora a conoscere le varie fasi della cottura e i cambiamenti che il materiale subisce nelle varie fasi.
E’ importante ricordare che per una cottura ottimale bisogna osservare dei particolari tempi di salita delle temperature (nei moderni forni elettrici è possibile decidere a priori particolari programmi che regolano le varie “spezzate” durante la cottura) che dipendono principalmente dal materiale utilizzato e dallo spessore dell’opera.
Tanto più questi tempi saranno lunghi, tanto migliore sarà la cottura e ridurremo al minimo la possibilità di rotture e fessurazioni.

Durante la prima fase di cottura, dai 250° ai 450° C vengono bruciate le principali sostanze organiche presenti nel materiale e viene espulso almeno l’80% dell’acqua presente.
Arrivati alla soglia di 500° C il manufatto è completamente disidratato avendo perso il 100% dell’acqua costitutiva e molecolare.
A 600° C il manufatto aumenta di volume grazie all’azione dei fondenti presenti che iniziano a fondersi, a dilatarsi e a “legare” tra di loro le molecole strutturali. Questa è la fase di prima vetrificazione.
Fino a questo punto i tempi devono essere necessariamente abbastanza lunghi per far sì che il calore aumenti gradualmente e in maniera costante in tutto il manufatto per evitare il rischio di rotture ed esplosioni dovuto a differenti tensioni interne al materiale.
Arrivando poi, un po’ più velocemente ai 800° 900° C, otteniamo la vera e propria vetrificazione dll’oggetto, quest’ultimo diminuisce di volume e aumenta in modo considerevole la propra resistenza meccanica.
Aumentando ancora leggermente le temperature possiamo influire sulla porosità del manufatto.
A questo punto non ci resta che far diminuire progressivamente la temperatura ricordandoci di non aprire il forno finchè non si è scesi fino ai 150° 130° C e la nostra opera sarà correttamente cotta.